Edizioni Robin
Il tempo e il suo scorrere sono due fra gli elementi più rilevanti del romanzo epistolare Il padrone di casa (edizioni Robin).
Dodici sono i mesi raccontati nelle sue pagine, racchiusi in altrettante lettere. E tuttavia, il tempo è anche metafora di un ritmo che, in un certo senso, fa a pugni con il divenire per giungere diritto alla dimensione dell’essere. In 156 pagine viene raccontato un anno di vita, visto dal punto di vista di un uomo, il protagonista del libro, che scrive a un’amica proprio come si farebbe nelle pagine di un diario.
La trama è focalizzata attorno a questo personaggio, tratteggiato come un affermato studioso di esoterismo, che dopo una vita trascorsa ad incassare i complimenti dell’intellighenzia e degli intellettuali suoi colleghi, vive un’esperienza che lo pone in una condizione nuova.
D’un tratto, apre gli occhi e si rende conto di avere trascorso troppo tempo a studiare l’universo della simbologia religiosa e della spiritualità, scrivendo anche brillanti saggi su queste materie, senza però comprenderne mai l’intimo significato connesso a un reale lavoro su se stesso. È come se tutto ciò, in pratica, si fosse fermato in una parte della testa, nutrendo il proprio sapere, ma non riuscendo ad andare oltre.
Da questa
presa di coscienza, il protagonista è come se rinascesse in una condizione
differente, della quale scrive nelle proprie lettere, raccontando i tentativi e
le impressioni nuove della vita ordinaria, che appaiono così sorprendenti e
ricche agli occhi di chi prova a osservare.
La
destinataria delle lettere non risponde mai e c’è il sospetto che in realtà non
esista come persona fisica: è forse proprio lei la vera protagonista del
romanzo e il suo prolungato silenzio la rende misteriosa e regale. È quasi come
uno specchio, davanti al quale c’è l’anonimo intellettuale che scrive i propri
resoconti: uno specchio che ricorda la coscienza, che sa e per questo resta
muta. Ma qualcosa alla fine viene smosso e anche il silenzio si trasforma in
altro da sé